| Sotto il nuovo cielo.
Il NAC altazimutale si rivelò subito uno strumento molto gestibile, malgrado i suoi 200 kg e oltre di stazza. Lo potevo movimentare da solo e, inclinando il tubo, tirarlo all’interno per riporlo in un piccolo corridoio. Certo, vederlo dentro casa era impressionante, un’impalcatura! Quando venivano ospiti a trovarci, era diventato l’oggetto della curiosità, un’attrazione anche solo per la struttura. Una volta posizionato in terrazzo, lo sollevavo facendo leva sulla raggiera triangolare della base con un vecchio martinetto di una Fiat 132, quanto bastava per rilasciarlo su tre blocchetti in legno; da quel momento era stabile come una roccia e si poteva iniziare l’ascesa all’oculare. Per comodità avevo collocato il cercatore sul tubo più in basso, in modo da sfruttare la minore traiettoria del movimento angolare in prossimità degli assi di rotazione. Sotto la pancia dello strumento, faceva poi bella mostra di sé un piccolo riflettore 114/900, curvilinea forma in mezzo a quel tripudio di spigoli e di segmenti a mo’ dell’indigeribile stile Bauhaus. L’avevo voluto lì, come telescopio di campo medio per raffinare il puntamento quando si passava dai 6 ingrandimenti del cercatore ai 500 del NAC. Era stato il mio primo telescopio, regalatomi dai miei genitori nel 1983; ci avevo seguito le opposizioni del pianeta Marte nell’84 e quella del 1986 che mi aveva letteralmente stregato. Gli Huygens da 20 e da 6mm li avevo negli anni sostituiti con un ortoscopico da 18mm, un Kellner da 12mm ed un OR Vixen da 5mm, tutti con diametro del barilotto di 24,5mm; l’ultimo, impiegato pure sul 250/12 con un raccordo a 31,8, lo portava ai 600x ottimamente usabili sotto il cielo calitrano, ma parimenti gli altri oculari erano in grado di fare comunque figura più che dignitosa quando ricevevano l’acuminato e perfetto cono di luce che solo un lungo fuoco a specchi o a lenti può produrre. Come più volte ho sottolineato, la resa ottica di un riflettore F12 ben lavorato è davvero notevole e consente appunto l’uso di oculari normalissimi, da qualche decina di Euro, e non parliamo solo di oggetti planetari. Per il “largo campo” ricorrevo ad un Plössl Meade serie 4000 da 26mm e 52° apparenti che oggi uso ancora un po’ ovunque. Sul Nac mi forniva 115 ingrandimenti con stelline come aghi e sfondo scuro; naturlamente non era un telescopio per cielo profondo né immaginando l’auspicata futura versione alleggerita potrei pensare di impiegarvi i pesanti e bellissimi oculari a grande campo moderni, tutt’altro. La messa a fuoco con il focheggiatore elicoidale tornito ad hoc dal Sig. Aldo era operazione semplice e accurata sempre per le medesime caratteristiche ottiche dello strumento. La struttura di supporto del secondario era di tipo a tre razze, soluzione scelta dopo valutazioni tra i possibili espedienti e le mie limitate abilità di costruttore. Nella primissima versione dello strumento vi avevo montato un secondario da 20mm, ottenendo un’ostruzione di 0,08, praticamente al limite dell’illuminazione con gli oculari a corta focale a disposizione. Se la memoria non m’inganna fu proprio con quello specchietto che all’alba di una mattina d’estate, verso le 4.00, grazie ad un’atmosfera laminare raggiunsi i 600x sul pianeta Saturno. Era uno di quegli orari in cui il cielo ha un buon odore, come dire, un profumo di stelle! Avevo portato il campo un po’ avanti, dove di lì a qualche secondo sarebbe transitato il Portatore di vecchiaia, per dirla alla Holst. Ancora un attimo eeeh...Ohhh, caspita! Transitava nel ridotto campo del piccolo oculare, bellissimo, nella perfezione estetica che solo Dio aveva potuto dargli nella Sua infinita potenza creatrice dell’universo. Se non mi fossi aggrappato a quel pochissimo che rimaneva della sommità della scala, probabilmente sarei caduto giù per l’entusiasmo. Ah, già, la scala! Per osservare ne avevo una adeguata alla mole, in legno massiccio (forse castagno!, non mi ricordo), pesantissima e con doppia salita, una per l’operatore e l’altra per l’ospite all’oculare. Mi rammarico di non aver allora filmato le scene perché quella dell’osservazione in coppia era di certo suggestiva nella visione d’insieme. E di condivisione ce ne fu, allora. In paese le voci circolarono rapidamente tra amici e conoscenti e capitò di organizzare serate di osservazione, o persino quella che vide coinvolto per l’invito formale all’assemblea dei fedeli addirittura il parroco della chiesa madre, una domenica al termine di una gremita Santa messa! Quando ci ripenso oggi, a trent’anni di distanza che mi paiono trecento, aprire la propria abitazione ad estranei per il piacere di condividere un pezzetto di cielo e con assoluta naturalezza e tranquillità… Lo rifaremmo adesso con la stessa disposizione d’animo? Il cenacolo osservativo con uno strumento che lavorava su angoli di campo ridottissimi aveva tuttavia messo in luce un limite importante della nuova montatura altazimutale ossia la sua imponente manualità nei movimenti che rendeva talvolta impegnativo il piacere offerto da quelle nitidissime visioni.
Bisognava pensare ad un modo per provare a fermare la corsa dei pianeti a cui il NAC aveva messo il sale sulla coda.
Oggi è la vigilia del Natale di Nostro Signore Gesù. Pure i numeri del telescopio involontariamente lo ricordano: 25_12. Auguri a tutti i lettori di queste memorie.Attached Image: Oculari Nac
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