Dobsoniani

C'è "pratica" e "pratica", (un report veramente ben fatto.)

« Older   Newer »
  Share  
mauro_dalio
view post Posted on 28/7/2012, 22:22 by: mauro_dalio

Giant elliptical galaxy

Group:
Administrator
Posts:
6,240
Location:
Mirano (VE)

Status:


Ho modificato il titolo della discussione. Vorrei tornare sulla questione della "pratica" come elemento contrapposto alla "teoria".

Quante volte è stato detto che "in teoria le cose sono così ma poi in pratica sono colà"?. Quante volte è stato detto che alla fin fine "se così si vede, così è"? Oppure che "la teoria da qualche parte è sbagliata/approssimata perché io vedo così".

L'idea che implicitamente sta sotto a questo è raffigurata nella figura che segue:

2mo3ztz

Secondo questo schema, esiste un fenomeno che viene osservato e il risultato dell'osservazione è la verità "vera". In fondo si dice "non ci credo finché non lo vedo" oppure "l'ho visto con i miei occhi".
L'idea implicita è che ciò che si vede è la realtà. Non vale nemmeno la pena preoccuparsi di quale possa essere la teoria, perché al massimo potrà coincidere con la pratica, e se non coincide sarà sbagliata.

Secondo questa scuola di pensiero la "pratica" conduce verità e il resto sono fronzoli, fumo negli occhi. Con qualche azzardata citazione si scomoda pure Galileo e il metodo sperimentale. Su dice che ogni volta che il risultato di un esperimento confuta la teoria allora quest'ultima è da rivedere.

Il fatto è che in questo passaggio non si afferra che "pratica" e "esperimento" sono due cose radicalmente distinte. Vediamo perché.
La prima cosa che occorre chiarire è che lo schema sopra indicato è furoviante e la realtà (starei quasi per dire la" pratica") è diversa. Ecco come:



La prima cosa che chiunque abbia avuto a che fare con attività "sperimentale" (e non pratica) è che non esiste una osservazione di un fenomeno che non sia soggetta a interferenze. Per fare un esempio astrofilo, le perturbazioni dell'immagine causate dal seeing sono molto simili a quelle causate da una miriade di altri fattori di interferenza. Ogni volta che si osserva un fenomeno si osserva in realtà il prodotto di una serie di cause e occorre (sta alla bravura dell'osservatore) saper distinguere le diverse cause.
Sia Galileo sia Aristotele avevano osservato che un corpo che scivolava su un piano rallentava. Ma è stato Galileo che ha saputo riconoscere i fenomeni che interferivano nel movimento (attrito). Il mancato riconoscimento di questi ha condotto Aristotele alla conclusione errata. Eppure entrambi osservavano gli stessi effetti.

Dunque il primo punto importante è che esistono fenomeni che interferiscono e ciò che si osserva non è detto che sia il frutto di quello che crediamo.
Dunque risulta fondamentale riuscire a capire se e quali grandezze di interferenza stanno giocando nel nostro "esperimento". Ora la parola "esperimento" comincia ad avere un senso. Se per la pratica "ciò che vedo è quello che è", nell'esperimento e lo sperimentatore, la cosa più importante è capire se ho individuato tutti i fenomeni che interferiscono. Finché non ne sono sicuro è inutile passare alle conclusioni.

Se ora vi viene in mente la grande quantità di "test strumentali" che adottano il metodo della pratica, saltando da una osservazione a una conclusione acritica... beh è proprio lo scopo di questo thread far riflettere su quesito. Leggete il link sopra, leggetene altri e chiedetevi: "gli autori hanno adottato il metodo della pratica o si sono chiesti quali fenomeni erano in corso"?. Il link sopra è un bell'esempio di un tentativo di approccio più rigoroso (e l'unico che possa essere valido se si vuole anche giungere a una qualche conclusione).

E' finita qua?. Assolutamente no. La seconda parte dello schemino mostra che ciò che vediamo è successivamente interpretato. Non esiste un test che non comporti una interpretazione di quanto osservato. E il fatto stesso che la attività pratica o sperimentale sia "interpretata" manda definitivamente a fondo l'idea che il risultato di una attività pratica sia incontestabilmente vero.
C'è di più: è provato che l'interpretazione di un fenomeno è soggetta a bias cognitivi. Fra questi il bias di conferma è un killer spietato delle attività sperimentali. Il bias di conferma è un atteggiamento mentale dello sperimentatore che consiste nel ricercare sperimentalmente solo i dati che confermano un giudizio a priori di cui lo sperimentatore talvolta non è nemmeno conscio. Per evitare questo problema, per esempio, i protocolli medici richiedono test doppio cieco in cui sia la persona che assume il farmaco sia quella che elabora i dati sugli effetti non sono a conoscenza di quale soggetto abbia assunto quale farmaco e quale placebo.
Al di fuori della medicina, il bias di conferma è comunque un killer, perchè lo sperimentatore ometterà di verificare tutte le ipotesi che contraddicono il suo convincimento. Per esempio se un tizio è convinto che i rifrattori lunghi sono meno sensibili al seeing ometterà tutti quei test che possono dimostrare che rifrattori corti possono essere altrettanto poco sensibili al seeing. Non solo, ma tendenzialmente tenderà a ignorare tutte gli indizi in contrasto con quelli che confarmano la sua tesi. Per esempio nel link sopra è detto chiaramente che telescopio con differente rapporto focale non hanno manifestato differenze. Questo elemento da solo dovrebbe confutare l'idea che i telescopi lunghi sono meno sensibili al seeing, ma passa semplicemente ignorato.

In tutto questo quale è il ruolo della teoria? E' il ruolo di una bussola. Se il risultato di una sperimentazione non coincide con la teoria, specie se è consolidata, la prima cosa da fare non è liquidare la teoria perchè la pratica è contraria, ma è sospettare che qualche fenomeno di interferenza non sia stato riconosciuto. Lo sperimentatore cerca cerca cerca finché nella gran parte dei casi scopre che cosa gli era sfuggito. Il praticone non fa questo sforzo.

Edited by mauro_dalio - 28/7/2012, 23:37
 
Top
19 replies since 21/7/2012, 22:16   725 views
  Share