Dark nebula
- Group:
- Member
- Posts:
- 21
- Location:
- Introd (AO)
- Status:
| |
| Ciao a tutti! Vorrei condividere con voi la recensione del mio Supermaser da 20", che posseggo ormai da qualche tempo. Dato che si tratta di uno strumento di nicchia, su cui ci sono ben poche informazioni, spero che quanto scritto possa essere di aiuto per eventuali potenziali acquirenti. Per chi non lo sapesse, il Supermaser è un telescopio basato sul dobsoniano, ma con caratteristiche che lo collocano su un altro livello. Sostituisce infatti al legno il metallo, il che consente di avere uno strumento molto stabile e con una quasi totale assenza di vibrazioni. La qualità ottica e meccanica, inoltre, sono ai massimi livelli e non mediocri come purtroppo accade spesso con gli strumenti commerciali. Dopo ormai circa cinque mesi di utilizzo, vorrei condividere con la comunità degli astrofili la mia esperienza con questo gioiello di meccanica.
Premessa
Sono un astrofilo che vive in Valle d’Aosta. Malgrado la giovane età, ho ormai circa vent’anni di esperienza alle spalle e ho posseduto e testato un certo numero di strumenti. Ho cominciato con il classico newton 114/1000 su una sgangherata EQ1, per poi passare nel corso degli anni a strumenti più impegnativi, in particolare due C9.25 Edge HD (uno su montatura altazimutale CPC deluxe e uno utilizzato con una montatura equatoriale) e un rifrattore Takahashi da 130 mm. Durante questi vent’anni ho gradualmente scoperto vantaggi, svantaggi e limiti dei miei strumenti, mai del tutto soddisfatto del mio equipaggiamento. Il punto di svolta è arrivato grazie al Takahashi, che ho tuttora e che uso (anche se ormai sempre più di rado) con una montatura 10Micron: finalmente, dopo tanti anni, avevo uno strumento che, seppure di diametro contenuto, aveva delle prestazioni eccellenti sia in visuale sia in fotografia. Il Takahashi, più di tutti gli altri strumenti, ha contribuito ad affinarmi il palato insegnandomi a non accontentarmi di strumenti di qualità inferiore, le cui prestazioni non erano affatto, come credevo prima, limitate dalle condizioni atmosferiche, ma da scelte ottiche e meccaniche non ben indovinate. In tutto questo tempo non era mai venuto meno il mio sogno di un telescopio realmente grande (50 o 60 cm di diametro). Ormai un paio di anni fa ho iniziato a guardarmi attorno, cercando uno strumento che rispondesse ad alcuni criteri ben precisi: - Il telescopio doveva anzitutto essere facilmente trasportabile e montabile/smontabile - La qualità meccanica doveva essere eccellente, come mi aveva insegnato la precedente esperienza con gli Edge HD - L’ottica doveva essere ottima, dato che oltre al deep-sky mi piace molto osservare i pianeti - Il telescopio doveva essere in grado di acclimatarsi in un tempo ragionevole. Tutto questo restringeva parecchio le scelte possibili, dato che nessuno dei telescopi commerciali soddisfaceva contemporaneamente tutti i criteri. Dopo molte ricerche, sono giunto a due possibili soluzioni: il Rapido 450 di Northek, uno strumento sicuramente molto valido e avanzato meccanicamente, e il Supermaser da 20”. Durante le numerose ore passate su internet a informarmi avevo letto da più parti che le ottiche più luminose di f/4 tendono a non avere una qualità eccezionale. Inizialmente quindi ero maggiormente attratto dal Northek (ricordo che il Supermaser è f/3.4), che appunto garantiva un buon diametro (450 mm) e un rapporto focale ragionevole (f/4). Allo stesso tempo però il telescopio era estremamente pesante e con una base troppo larga (la mia casa e il mio giardino impongono dei vincoli stringenti in tal senso). Ho quindi contattato Silvano Reginato (la prima di numerose telefonate: Silvano è sempre stato estremamente disponibile e pronto a chiarire qualsiasi dubbio o domanda avessi, con grande pazienza e gentilezza), esponendogli la situazione e i miei dubbi. Dopo più di un’ora di telefonata, mi erano chiare due cose: 1) Silvano sapeva il fatto suo e 2) volevo un Supermaser da 20”. A posteriori, è stata sicuramente una scelta indovinata: il telescopio infatti coniuga ottimamente qualità ottica e meccanica, ogni singolo aspetto è ponderato e niente è lasciato al caso. È un telescopio perfetto? Probabilmente no, ma è davvero eccellente, con una qualità inarrivabile per tutti gli strumenti prodotti in massa (e probabilmente anche tanti dobson blasonati). Il tempo d’attesa è stato leggermente più lungo del previsto (invece di 7-8 mesi ce ne sono voluti 10 per avere il telescopio, complice la difficile situazione attuale e la conseguente crisi delle materie prime), ma ne è valsa la pena. Durante tutto questo tempo Silvano mi ha sempre tenuto aggiornato sulla lavorazione, mostrandosi più che disponibile a apportare eventuali modifiche per adattare - nei limiti del possibile - il telescopio alle mie esigenze. Non posso far altro che tesserne le lodi, si vede che è appassionato al suo lavoro e che ci tiene a produrre telescopi non solo buoni, ma ottimi. Tra l’altro, visto che ho caricato il telescopio di accessori ben più pesanti del previsto, mi sono trovato con dei contrappesi troppo leggeri per bilanciare correttamente il tutto. Reginato me ne ha costruiti altri più pesanti e me li ha mandati a costo zero, sostituendo in un secondo tempo anche il bauletto dei precedenti contrappesi con uno più capiente. Insomma, anche nel post vendita mi sono trovato benissimo. Di seguito cerco di approfondire le caratteristiche principali dello strumento. Per chi già si dispera all’idea di leggere un trattato, in fondo ricapitolo quelli che secondo me sono i principali vantaggi, svantaggi e aspetti da considerare per chi fosse interessato all’acquisto di un Supermaser.
Lo strumento da me comprato
Dopo lunghe chiacchierate con Silvano Reginato, ho optato per alcune migliorie rispetto alla versione base: - anzitutto, gli ho chiesto una migliore lavorazione delle ottiche (di base il Supermaser viene venduto con specchi lavorati a 1/4 di lambda). La qualità ottica, come già detto sopra, è per me un requisito indispensabile, visto che mi piace molto l’osservazione planetaria. - per avere la massima rigidità possibile ho domandato i tralicci in fibra di carbonio, che sostituiscono quelli standard in alluminio coperto di gomma per una presa più sicura. - nell’ottica di avere uno strumento utilizzabile nel minor tempo possibile, ho poi chiesto di avere delle ventole sulla culatta, nonché le ruote e i manubri per spostare il telescopio interamente montato dal garage al giardino, dove faccio il 90% delle mie osservazioni. - visto che mi piace ogni tanto fare delle serate divulgative (oltre a una banale questione di comodità), ho optato per la versione dotata di Argonavis. In questo modo il puntamento diventa questione di pochi secondi. Per avere una migliore precisione ho fatto installare anche la livella e i piedini calanti. - infine ho preso il telo paraluce superiore integrale, anziché a lunetta, per schermare meglio le luci parassite presenti in quantità dove osservo. Nel corso di questi mesi, per motivi che spiegherò meglio in seguito, ho inoltre chiesto a Silvano di fare l’upgrade al cercatore da 80 mm e ho preso il bauletto per la culatta, necessario se si vuole trasportare il telescopio smontato in sicurezza.
Estetica
Trattandosi secondo me di un aspetto marginale, mi limito a un paio di considerazioni. La vernice impiegata sembra molto resistente all’usura. In cinque mesi di utilizzo non ho notato graffi, a differenza di quanto avvenuto con il Takahashi e con il C9.25, che malgrado siano stati tenuti maniacalmente hanno dei graffi e dei segni. Il mio Supermaser ha per la verità un minimo difetto estetico, perché su uno dei tralicci c’è un residuo di colla della lavorazione. È del tutto ininfluente, lo si nota solo sapendo che c’è, ma c’è. Ciò non toglie che il telescopio esteticamente sia molto bello.
Montaggio/smontaggio dello strumento
Montare e smontare il Supermaser è questione di pochi minuti. Una serie di accorgimenti rende l’operazione più facile e del tutto priva di rischi per l’utente e per il telescopio. Si comincia inserendo la forcella sul triangolo della base e serrando quattro leve (basta mezzo giro. Fra l’altro le leve sono registrabili. Se con il passare del tempo quando sono serrate iniziano a puntare verso l’alto o verso il basso si possono rimettere nella posizione corretta senza il minimo sforzo. È uno dei tanti piccoli particolari che testimoniano la cura con cui è stato progettato e realizzato il Supermaser). Nella forcella sono previsti quattro supporti su cui si va ad appoggiare la culatta del telescopio, mentre in cima ad essa va alloggiato l’anello centrale (il telescopio ha un doppio traliccio, che lo rende più rigido e performante: un traliccio collega culatta e anello centrale, l’altro anello centrale e top ring). Si possono poi attaccare i tralicci, che hanno tolleranze estremamente ridotte e sono quindi interscambiabili senza che questo vada a inficiare la collimazione. L’operazione è estremamente rapida grazie a un innesto proprietario. A questo punto, per montare con il massimo agio possibile i tralicci superiori e il top ring, si possono bloccare sia il movimento di azimut sia quello di altezza. Il telescopio così rimane fisso, con il tubo quasi parallelo al suolo, e si può procedere in sicurezza, senza il rischio di movimenti improvvisi. Sul retro della culatta vanno poi inseriti i contrappesi con le loro barre. Si aggiungono poi sul top ring la maniglia, che consente di inseguire con maggior facilità, facendo movimenti molto fini, e il cercatore. Il tutto è perfettamente fattibile in meno di 10 minuti. Volendo si possono anche aggiungere i teli paraluce, che si attaccano con dei bottoni a incastro, con estrema rapidità. Il tutto è davvero ben pensato. Si possono montare tre teli paraluce; il terzo si va a inserire sopra il top ring e viene assicurato per mezzo di 8 asticelle che lo tengono in posizione. Inizialmente ero incerto su questo sistema di fissaggio: mi pareva che fosse inutilmente farraginoso e dall’aspetto un po’ troppo cheap. All’atto pratico però è funzionale e soprattutto, rispetto a un paraluce rigido come i vari Astrozap per Schmidt-Cassegrain, quando viene smontato può essere riposto in uno spazio minuscolo, non essendo rigido.
Trasporto dello strumento
Per sua natura, il telescopio è interamente smontabile e pertanto relativamente compatto in relazione al diametro. È però necessaria una macchina con un bagagliaio decente, specialmente se si intende trasportare la metà inferiore già montata e risparmiare così ulteriore tempo. In questo caso le possibilità sono due: 1) usando le ruote (opzionali) si può caricare il telescopio nel bagagliaio per mezzo di una rampa. Bisogna però considerare che le ruote, sporgendo rispetto alla montatura, aggiungono profondità al telescopio, pertanto il baule della macchina deve essere sufficientemente lungo da ospitare base+ruote. 2) se si ha un amico lo si può sfruttare spudoratamente per caricare il telescopio in macchina. Se si è in due non c’è la minima difficoltà, come ho avuto modo di verificare in prima persona. L’alternativa, se non ci si trova in una di queste due situazioni, è smontare integralmente il telescopio. Consiglierei però, in tal caso, di acquistare almeno il bauletto della culatta, per far viaggiare in sicurezza lo specchio primario. Se si dispone di una postazione vicino a casa, il Supermaser può anche essere trasportato a mano parzialmente o interamente montato grazie alle ruote e ai manubri opzionali. È quello che faccio nel 90% dei casi, ed è di una comodità unica. Il telescopio in questo modo è virtualmente operativo in due minuti, il tempo di trasportarlo, togliere i tappi e controllare la collimazione. Unico neo è il fatto che le ruote sono abbastanza ravvicinate: se fossero leggermente più distanziate il telescopio in assetto di trasporto sarebbe ancora più stabile. In realtà però, pur dovendo percorrere un vialetto sterrato e dissestato, non ho mai avuto problemi, quindi non posso considerarlo un difetto. Quello che invece è un problema è il fatto che i piedini calanti hanno l’estremità inferiore che, quando va a sbattere contro un’asperità del terreno, tende a sfilarsi con una certa facilità - mi capita più o meno la metà delle volte. Dopo ogni spostamento quindi è buona norma verificare che i piedini siano ancora tutti al loro posto. Fortunatamente, sono estremamente facili da riattaccare.
Acclimatazione
Il modello da 20” possiede uno specchio con uno spessore di “soli” 39 mm. Lo specchio pertanto è piuttosto sottile (sempre in relazione al diametro, naturalmente) e va in temperatura abbastanza velocemente, tanto che finora non ho mai dovuto azionare le ventole. Non dubito che quando la temperatura scenderà sotto zero dovrò magari farlo, ma generalmente, se si ha cura di non tenere il telescopio in casa, basterà metterlo fuori con mezz’ora o un’ora di anticipo per essere a posto. È decisamente un altro mondo rispetto agli Schmidt-Cassegrain di diametro decente, che non vanno in temperatura neanche a piangere.
Stabilità/vibrazioni
Il sito di Reginato riporta che “grazie alla particolare montatura altazimutale in acciaio unita ad un tubo ottico a doppio traliccio incrociato (tipo Serrurier) interamente in lega di alluminio i telescopi Supermaser sono quasi esenti da vibrazioni”. Fortunatamente, non si tratta di marketing, ma è veramente così. Il classico test del colpetto al top ring mostra tempi di smorzamento di circa un secondo, un valore molto buono (anche se non paragonabile a una montatura davvero rocciosa come la GM2000). Durante la messa a fuoco non ho mai avuto il minimo problema, segno che la meccanica del telescopio è più che buona. Anche con venti abbastanza vivaci le vibrazioni sono pressoché assenti (non l’ho però mai provato in mezzo a un tornado, forse in quel caso ci sarebbero problemi). Semmai, quando c’è un po’ di brezza, può diventare un problema l’effetto vela che uno strumento così massiccio, con i teli paraluce attaccati, inevitabilmente comporta. In quel caso, specialmente se ci sono raffiche, inseguire ad alti ingrandimenti può diventare complicato. Inoltre basta lasciare la presa sulla maniglia per un istante e il telescopio immediatamente si sposta, costringendo a puntare nuovamente l’oggetto. Si tratta di una caratteristica che accomuna sicuramente tutti i dobsoniani, ma mi sembrava lo stesso utile parlarne.
Tenuta della collimazione
Il telescopio mantiene ottimamente la collimazione. Dopo dei viaggi in macchina solitamente è necessario ritoccarla leggermente (e con leggermente intendo dire leggermente), mentre montandolo e smontandolo più volte per fare dei test (senza quindi trasportarlo in macchina, con tutte le vibrazioni del caso) la collimazione rimane perfetta. È davvero impressionante. Anche con il tubo ottico quasi parallelo al terreno non si notano flessioni significative, con un importante caveat. In base ai test che ho fatto sembrerebbe che a livello del focheggiatore (un Feather Touch) ci sia qualche gioco e quindi una minima flessione. Non sono in grado di valutare l’eventuale impatto sulla qualità dell’immagine, ma si tratta comunque di un peccato veniale (dopo tutto i Feather Touch, anche se non perfetti, non sono certamente da buttare via).
Puntamento, inseguimento e Argonavis
Come qualsiasi dobsoniano che si rispetti, il Supermaser nasce come telescopio completamente manuale. È però possibile installare l’Argonavis e degli encoder, che forniscono indicazioni all’utente su dove puntare il telescopio per trovare l’oggetto desiderato. Ho optato per quest’ultima soluzione sulla scorta di due considerazioni: 1) dal momento che mi piace fare divulgazione, ho bisogno di un telescopio che all’occorrenza consenta di puntare con una certa celerità, così da non creare troppi tempi morti. 2) indubbiamente l’Argonavis consente di velocizzare molto le operazioni di puntamento anche durante quelle serate in cui osservo da solo, ma ho magari poco tempo a disposizione. Personalmente trovo il menu dell’Argonavis un po’ troppo affollato e poco intuitivo. Una volta imparati i due o tre sottomenu che servono per l’allineamento iniziale e il puntamento, si è però a cavallo. Allineare è estremamente rapido, ma in un paio di occasioni la precisione di puntamento si è rivelata non eccelsa. In questo caso è magari opportuno usare anche il cercatore per il centraggio fine. La maggior parte delle volte tuttavia l’esperienza è impeccabile, tanto che gli oggetti si trovano nel campo dei miei oculari serie Ethos anche a 250x. Sempre a proposito dell’Argonavis, ci sono due ulteriori considerazioni da fare: 1) si può usare senza cavi di alimentazione (funziona anche a pile), ma non dà informazioni sul livello di carica. Mi è già capitato di trovarmi nel bel mezzo di una serata con amici a dover puntare manualmente perché l’Argonavis era morto. È sempre meglio assicurarsi che le pile siano cariche e/o portarne di riserva. 2) i pin degli encoder e i cavi hanno un aspetto molto fragile. Mi è già capitato, non so come, di piegare i pin dell’encoder di azimut. Sono più che convinto che saranno la prima parte (e l’unica, se non ci sono incidenti strani) a rompersi. Dove l’Argonavis, per un motivo o l’altro, può fallire, rimane però il cercatore. Inizialmente avevo optato per quello standard da 50 mm con reticolo illuminato. Purtroppo l’oculare è arrivato rotto, ma ho provveduto a sostituirlo con un altro che già avevo in attesa del sostituto. A questo punto mi sembra doveroso avvisare l’eventuale acquirente: il cercatore da 50 mm è estremamente scomodo da usare se non si è alti due metri/non si usa una scaletta/non lo si abbassa in qualche modo. Per questo motivo, e per avere una ancora maggiore profondità, dopo cinque mesi ho optato per il cercatore da 80 mm, che è abbastanza lungo da arrivare comodamente all’altezza dei miei occhi. L’oculare con cui è arrivato (un Svbony 20 mm con 70° di campo e reticolo illuminato) non mi convince molto (c’è della coma molto evidente da metà campo in poi), ma l’ho sostituito con un Delos da 14 mm e attualmente mi trovo benissimo (anche se il campo inquadrato non è enorme: un cercatore red dot o un puntatore laser sono secondo me il complemento perfetto per un simile bestione). Mi sembra a questo punto utile fare una piccola digressione, visto che sicuramente molti astrofili si sono già trovati nella mia stessa situazione. Come anticipato nella premessa, ho cominciato la mia esperienza di astrofilo con un classico 114/1000 della Sky-Watcher su montatura equatoriale EQ1. Il telescopio, supereconomico, era non facile da usare: il cercatore non stava allineato neanche per sbaglio ed era praticamente inutilizzabile, date anche le piccole dimensioni e lo scarso ingrandimento, la montatura era piena di giochi… Logicamente dopo quel telescopio mi sono indirizzato verso le montature computerizzate, molto meno frustranti da usare. All’idea di prendere un telescopio manuale ero titubante (altro motivo per cui ho preso anche l’Argonavis), ma dopo mesi di esperienza sul campo posso dire che i miei timori erano completamente infondati: con un buon cercatore, il puntamento manuale diventa una gioia (anche se qualche volta è lunghetto). Inoltre la montatura del Supermaser è davvero fluida nei movimenti, tanto che consente di inseguire anche a ingrandimenti molto elevati (se la memoria non mi inganna l’ho usato anche a 530x senza nessun problema). Con un telescopio adeguato inseguire manualmente torna ad essere un’esperienza bella, anziché frustrante. Anche delle persone non esperte, specialmente se si ha una versione dotata di Argonavis, sono perfettamente in grado di inseguire a ingrandimenti medi (250x), come ho avuto modo di sperimentare con dei miei amici che in precedenza avevano usato solo uno dei miei telescopi computerizzati.
Qualità ottica
Nel deep-sky, come è logico, lo strumento eccelle. Non ho fatto test particolari, ma sono molto sensibile a ogni genere di aberrazione e al di là di un minimo di coma visibile ai bordi estremi dell’Ethos da 21 mm (con gli altri oculari l’immagine è perfetta, seeing a parte. Evidentemente il Paracorr non è in grado di correggere completamente la coma del Supermaser con l’Ethos da 21 mm, e solo con quello) non ho mai riscontrato nulla di rilevante. Il contrasto è molto buono, anche sotto un cielo non proprio ottimale come quello che mi ritrovo a casa, segno che la superficie degli specchi ha una bassa rugosità. Il telescopio giunge con tanto di certificato ottico, che nel mio caso (avevo chiesto ottiche lavorate a 1/8 di lambda) mostra una correzione ancora superiore, dell’ordine di 1/11 di lambda. Non ho modo di verificare i numeri, ma indubbiamente nell’uso sul campo è emersa un’ottima qualità. La puntiformità stellare, se confrontata con quella degli altri strumenti commerciali da me posseduti finora, ricorda abbastanza da vicino quella del Takahashi, pur non arrivando a quella purezza assoluta. Ho provato il telescopio anche su Giove, Saturno, la Luna e Marte, con risultati soddisfacenti. Su Giove e Saturno in particolare ho condotto un test, in una notte con seeing discreto/mediocre (3/5), con a fianco il Takahashi e la 10Micron, così da avere un riferimento valido. È emerso che su Giove, che quest’anno è molto alto in cielo, il Supermaser, nei momenti in cui la turbolenza diminuiva, riusciva a mostrare qualche dettaglio in più, oltre naturalmente a un disco molto più luminoso e a dei colori molto più saturi. Su Saturno, che in quel momento era alto circa 25 gradi sull’orizzonte, il discorso è stato diverso: il Takahashi, molto meno sensibile alla turbolenza, ha mostrato immagini più nette e godibili. In un’altra occasione ho ripetuto il test, questa volta sulla Luna. Come nel caso di Giove, nei momenti in cui la turbolenza diminuiva, il Supermaser mostrava indubbiamente dei dettagli più fini. Su Marte, che nel momento dell’osservazione aveva un diametro di circa 12”, era evidente la Vallis Marineris oltre alla fase (era illuminato all’88%). In quell’occasione purtroppo non avevo montato di fianco il Takahashi. Sicuramente in ambito planetario il Supermaser non delude.
Osservazioni varie derivate dall’uso sul campo
Premesso che usare questo telescopio è una gioia, non mancano alcuni aspetti che forse potrebbero essere migliorati o di cui semplicemente bisogna tenere conto. - I teli paraluce, se montati come da manuale (con la superficie in simil-pelle verso l’esterno), lasciano filtrare della luce sopra e sotto, perché rimangono delle fessure di circa 1 mm. Se si osserva lontano da luci parassite non si avrà il minimo problema; se invece, come nel mio caso, ci sono dei malefici lampioni a poche decine di metri di distanza, è possibile che nell’oculare ci siano riflessi molto sgradevoli. Fortunatamente c’è una soluzione molto facile: basta montare i teli paraluce al contrario, con la superficie in simil-pelle verso l’interno. In questo modo avanzano un paio di cm di telo paraluce che possono essere sovrapposti al top ring e all’anello centrale, tagliando completamente fuori la luce parassita. - Delle frizioni più dure, specialmente in altezza, sarebbero gradite. Quando cambio gli oculari o, peggio ancora, Paracorr+oculare, il telescopio si sbilancia pesantemente e si sposta. Sarebbe bello poter fare il cambio in tranquillità senza dovere poi puntare nuovamente l’oggetto. - Il supporto dell’Argonavis è un po’ ballerino. Non è però un grande problema. - La superficie in gomma della maniglia per l’inseguimento è leggermente troppo grande per il supporto su cui è infilata. Non c’è il rischio che cada, ma può spostarsi leggermente sotto la mano. Di tutto il telescopio è l’unico dettaglio che mi sembra un pochino meno curato. - Passando agli aspetti di cui bisogna tenere conto, il telescopio è grande (chi l’avrebbe detto?). Per dare un riferimento, io che sono alto circa 180 cm arrivo a malapena all’oculare quando punto verso lo zenit. Per molti magari non è un problema salire su un gradino o due. Per chi osserva in un luogo in cui non è agevole portarsi una scaletta o semplicemente non vuole staccare i piedi da terra, occorre tenere adeguatamente conto di questo aspetto. Non è un telescopio che consiglierei se si vuole tenere una serata divulgativa con dei bambini. - L’ho già detto prima, ma mi sembra utile ripeterlo: un telescopio così massiccio ha un notevole effetto vela. Se c’è vento e si molla la presa, tende a spostarsi. - Se si usano accessori pesanti è facile che i contrappesi non siano più sufficienti. Se si prevede di usare oculari come l’Ethos 21 mm + Paracorr + cercatore da 80 mm è meglio procurarsi da subito i contrappesi maggiorati.
Conclusioni
È difficile trovare aspetti negativi in un simile telescopio. Qualche aspetto migliorabile sicuramente c’è, come ho sottolineato nella recensione, ma complessivamente si tratta di un gioiello. La prova migliore è il fatto che, da quando ce l’ho, ho usato il Takahashi tre volte: due per fare dei test in parallelo al Supermaser e una per una serata con degli amici, uno dei quali, avendo la gamba rotta, aveva bisogno di raggiungere comodamente l’oculare. Otticamente e meccanicamente il telescopio è davvero ottimo. L’unico vero neo è il prezzo, che però mi sembra commisurato alle prestazioni dello strumento, che si situa ai vertici assoluti della categoria di riferimento.
Pro:
- ottima qualità ottica - ottima qualità meccanica (stabilità, assenza quasi totale delle vibrazioni, tenuta della collimazione, cura dei particolari) - velocità di acclimatamento - facilità di trasporto, sia in macchina sia a piedi - facilità e velocità di montaggio/smontaggio - facilità di utilizzo sul campo (fluidità dei movimenti, teli paraluce rapidissimi da attaccare anche in un secondo momento…) - relativa leggerezza - supporto pre- e post- vendita
Contro:
- un paio di accessori secondari hanno un aspetto un po’ cheap, pur funzionando egregiamente - se si ha la versione con Argonavis, gli encoder e i relativi cavi hanno un aspetto fragile - le frizioni non sempre bastano a compensare lo sbilanciamento durante il cambio oculari - il focheggiatore Feather Touch, anche se molto bello, meccanicamente non sembra all’altezza del resto dello strumento
Da considerare:
- altezza dell’oculare allo zenit, per chi è più basso di 1.80 m con accessori molto pesanti bisogna prevedere di default contrappesi maggiorati - se non si dispone di una macchina capiente e non si può trasportare il telescopio parzialmente montato è opportuno dotarsi dell’intero set di bauli per il trasporto - effetto vela quando c’è vento (difficile considerarlo un contro, è inevitabile) - prezzo
|